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che non mai aveva tentato da prima il sentiero di Pindo, perchè quei due versi, che profferì a Faone gettandogli il mazzo de’ fiori, poco furono ascoltati in quel tumulto, nè di poi ella ne avea composti, disgustata dalla sventura di quelli. Ma il sincero applauso, che questi ottennero, le fece ragionevolmente credere, che quanto Venere le era contraria, altrettanto le fossero favorevoli le muse; e però stimolata non meno dalle ripetute lodi, che dalla interna vampa, che pure sembrava esalando in lamenti poetici alquanto calmarsi, compose quell’altra sua chiarissima ode a Faone.
Felice al par de’ Numi chi d’appresso
Ascolta il dolce suon di tua favella:
Più felice di lor, se gli è concesso
Destar su quella
Bocca il soave riso..... e che ragiono,
Se ragion più non ho! la prima volta
Che ti vidi rimasi come or sono
Misera e stolta.