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ciutto braccio allora uscito dall’urna, che l’affettuosa Rodope a lei intanto rasciugava col velo. La ascoltò con fronte pensierosa la divinatrice corrugando le ciglia, e con gli occhi in terra fissi, e quindi soggiunse: Tu m’hai rivelata acerbissima cagione di quei tristi effetti di amore, i quali in te derivando dalla prepotente vendetta di un Nume sdegnato, non possono distruggersi, se non per una divina protezione. Conciossiachè quegli amori che provengono da i consueti desiderj umani, benchè violentissimi, possono nulladimeno col tempo, colle esortazioni, col disinganno, calmarsi alla fine: ma quando sia mista in tali effetti qualche divina volontà, è necessaria qualche altra volontà divina a superarli. Di modo che si richiede che tu acquisti grazia di tal Nume, il quale si opponga alle frodi della Dea nemica. Come mai, rispose Saffo, potrei io rendermi benevola alcuna potenza del cielo, quando mi è contraria colei, che a tutti