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dardo amoroso, ma tu hai intriso il mio, prima che lo vibrasse, in qualche sugo di venefica pianta; perchè laddove le amorose ferite sono, per quanto intesi, cagione di molti diletti misti di poche pene, io per lo contrario non so che sia alcuna di quelle dolcezze, che molti cuori da te ottengono, e tutte soffro quelle amare angosce, che sparse in molti cuori, molti ne renderebbero sventurati. Ho perduto l’amato oggetto prima di acquistarlo, amo non amata da chi ha affascinati tutti i miei sensi. E ciò che distrugge ogni alito di speranza si è, che tu prodiga meco del tuo foco struggitore, fosti avara dell’avvenenza; per lo contrario ricolmandone colui, che tu mi costringi ad amare così sventuratamente. Placati, bella e terribil Dea, che se due colombe ti ho usurpate, eccone altre, e me stessa vittima, ben più di loro, dolente. Ma se ti compiaci della vendetta, vedi omai quant’ella è grave, perocchè in tempo brevissimo sono già più infelice di quegli amanti,