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PARTE PRIMA
Cesare aggiunse: — Niuna guerra fu mai piú giusta che quella
da noi lungamente sostenuta contro i Galli, la quale incominciata
dalle ingiurie loro, fu proseguita per necessitá delle difese,
e con evento felice sottopose popoli crudeli ed invidiosi della
nostra grandezza. Essi non provocati, ma per ferino impeto si
mossero alla distruzione di Roma nascente, svenarono gl’inermi
e venere voli nostri Padri Conscritti, e poi i nostri messaggeri
di pace, le membra de’ quali dispersero in brani. Ma ben era conveniente
questa barbara perfidia a quella gente, i costumi della
quale erano abbominevoli ed atroci. Appendeano a’ loro destrieri
i teschi grondanti degli uccisi in guerra come ornamento glorioso,
ne convertivano di poi il cerebro in coppe, entro le quali s’inebbriavano
ne’ conviti. Non meno feroci erano i riti funerei, ne’ quali
si offerivano al rogo i servi e clienti piú cari, e si lanciavano ad
ardere in quello coll’estinto signore. Una funesta divinitá era
quella dalla quale pretendeano essere discesi, cioè il nume dell’In
ferno; piú funesti erano i sagrifizi a lui offerti, cioè vittime umane.
Gli spietati Druidi iinmergeano il pugnale nel cuore di esse, e
tenendo la mano sull’elsa presumeano da’ palpiti di conoscere
il futuro. Ma nelle celebritá maggiori formavano colossi tessuti
di aridi giunchi, le membra smisurate e informi de’ quali empievano,
con invenzione crudele, di uomini vivi misti ad animali
feroci. Accendevano poi la mole, dalla quale uscivano, fra nembi
di fumo e lo stridere delle fiamme, gli umani gemiti, gli urli delle
fiere, con divoto animo uditi dalla moltitudine superstiziosa.
Tale era la nazione la quale io con guerra necessaria vinsi ed
indussi a lasciare cosí esecrabili costumi. Dunque di che ti duoli.
Attico, se non di ciò che dovrebbe far lieto ogni Romano? —
Quegli sedato rispose: — Giacché tanto declami contro le
crudeltá di que’ popoli nominati barbari dal nostro orgoglio,
veggiamo se in noi non fu materia alcuna di quelle medesime
riprensioni. Presso niuna altra nazione fu cosí tirannica quanto
presso noi la patria podestá, mediante l’assoluto arbitrio della
quale poteva il padre abbandonare i fanciulli suoi, esporli nelle
selve, percuoterli contro le pareti. Divenuti poi adulti poteva
rilegarli ad opere servili, venderli come schiava, ucciderli come