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PARTE PRIMA


arti le altre due colonie, rimanendo svenati come gregge nell’ovile ben trentamila traditi. Ecco la fede romana, della quale con parole superbe ci vantammo leali mantenitori!

Il cielo però avea serbato un illustre vendicatore di tanta malvagitá. Io parlo di Viriato, il quale per incredibile caso sopravvisse in quello esterminio. Nato pastore, e degno di culla reale per le eminenti qualitá dell’animo, adunò que’ popoli oppressi, e li mantenne contro la tirannide nostra ben dieci anni, ne’ quali continuamente depresse il nostro orgoglio con le sconfitte. Né fu vinto se non in modo anche piú ignominioso di queste. Avvegnaché il consolo Servilio Cepione promise a due messaggeri di Viriato, venuti a trattar seco la pace, largo premio se lo togliessero di vita. Quelli sedotti da tale malvagia lusinga svenarono il capitano loro nella sua tenda, mentre giaceva nel sonno. Ritornarono poscia al consolo per chiedere il guiderdone. Ma gl’inganni si stimano quanto alla utilitá dell’effetto; e sono sempre abominevoli gli esecutori suoi. Quindi il consolo rispose loro con fredde parole ch’egli non era atto a sentenziare qual mercede convenisse a guerrieri i quali uccidessero il proprio capitano, ma appartenere tal giudizio al Senato. A lui pertanto spedí con nuova perfidia i traditori, lasciando le genti in dubbio quale di tante frodi fosse la peggiore.

Vedi, o Cesare, dunque quanto era scarsa la memoria della probitá di Camillo col pedagogo di Falera, e di Fabrizio con Pirro insidiato di veleno! Perché non rammenti ben trecento fanciulli volsci in ostaggio da noi sterminati? Le romane scelleratezze quasi ampio torrente seco trasportano e sommergono poche oneste operazioni. Queste rilucono come lampo nella notte: non giova il suo rapido splendore che a far piú dense le tenebre di poi. Ma giá si apriva il campo a’ tuoi gloriosi estermini nella Gallia, i popoli della quale erano continuamente infestati dalle nostre legioni. Ivi pure sonava la fama della romana dislealtá. Giá il consolo Domizio vi avea indotto Bituito re degli Averniani a venire nel suo campo affine di conchiudere la pace: rattenuto di poi, stretto fra ceppi, inviato a Roma, tratto nella pompa trionfale, il credulo e prode monarca aveva sgombrata la via alle