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NOTTE II - COLLOQUIO IV


de’ Scipioni, ti chiamava ad imitare colá i domestici esempi. Impallidivano giá al formidabile nome tuo le madri e le consorti in quelle meste regioni ancora fumanti del sangue de’ figliuoli e de’ mariti. Ecco tu stringi di assedio Numanzo valorosa. I cittadini suoi, liberi ed illustri per lo disprezzo della morte, invano provocavano le tue legioni a combattere all’aperto. Temporeggiando evitasti il formidabile e continuo invito di quelli, i quali di niun’altra cosa aveano timore se non della servitú. Rattenesti l’esercito negli alloggiamenti, e solo con la trista penuria angustiavi quella generosa virtú. Non sembravano ornai viventi i Numantini, ma scheletri, ma larve. Le angosce della fame, oh nefanda cosa!, gl’inducea a troncarsi l’un l’altro con agguati la vita languente, e divorarne le membra giá dalla inedia consunte. Pure in cosí orrenda necessitá que’ cittadini, anzi che cedere le spade, se le rivolsero contro scambievolmente, deliberati morire con la patria. Intanto destavano l’incendio in ogni parte, ed al suo funereo splendore se medesimi sagrificavano alla agonizante libertá. Poiché furono consunti dalle fiamme e dalle spade cosí gli alberghi, e gli arredi, e quasi tutti gli abitanti, i pochi sopravvissuti alla calamitosa distruzione, barcollando nelle vie fumose e deserte, giunsero alle porte e le aprirono lasciandoti signore de’ famelici spettri in cittá desolata. Pur anco quelli vendesti come giumenti, senza pietá della miseria loro, senza rispetto per quella generosa loro ostinazione.

Oh sterminatore di popoli innocenti! Oh tiranno di liberi! Non sei tu quegli il quale immantenente punisti la cittá di Lutia perch’ella commiserando l’oppressione di Numanzo promettea di porgerle aiuto? E quantunque non fosse ridotta ad effetto quella benigna intenzione, pure tu sentenziasti Lutia a consegnarti quattrocento suoi giovani, a’ quali facesti per vendetta ignominiosa troncare le mani. Oh barbare imprese, odiose alla memoria, spaventevoli all’udito, e le quali nondimeno fregiarono il tuo nome col titolo pomposo di Numantino! Se tanta caligine ingombrò allora i nostri ciechi intelletti, e tanta viltá fece palpitare i timidi nostri cuori, che ammirammo opere contrarie alla umana ragione ed apertamente vili, crudeli, scellerate, io me ne dolgo,