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PARTE PRIMA


paterne braccia rapissero le fanciulle, e gli adolescenti perfino dal grembo delle madri con nefanda licenza. Pianto, morti, stupri, smanie empievano quella cittá manomessa dal furore. Le quali estreme scelleratezze quantunque non furono da te eseguite, o inesorabile capitano, furono però tue egualmente, perché da te approvate con atroce connivenza. —

Sospese allora Pomponio il suo ragionamento. Oh maravi glia! Scipione tacea. Gli altri pure di sua stirpe orgogliosa aveano mute le labbra, dimesse le ciglia, pensierose le fronti. Ma Pomponio con vie piú animosa voce prosegui: — Or teco io parlo, Scipione Emiliano, distruggitore delle cittá, e della misera Cartagine spezialmente. I cittadini suoi, giá oppressi dalla fortuna, accorreano a te supplichevoli e pronti ad ogni condizione. Ma quella emula della gloria romana dovea perire: tal era il decreto degl’implacabili Conscritti. Si dovea romper quell’argine molesto alla nostra ambizione. Ve’ che riducesti con poca resistenza e con molta crudeltá a deserte ruine quella vasta, antica, fiorente cittá, la quale per sette secoli avea stesa ne’ mari la temuta sua dominazione! Mirasti pur con gli occhi tuoi la consorte di Amilcare, allora capitano di quell’Imperio cadente, per non divenire tua schiava, trafiggere i suoi figliuoli, gittarli nelle fiamme che ardevano il tempio di Esculapio, invocare con terribili sensi la vendetta del cielo, e se medesima poi lanciare in quelle. È fama però che quando vedesti dileguata dall’aspetto degli uomini quella maestosa cittá, alcuna lagrima ti stillasse dalle ciglia, alcun sospiro esalasse dal tuo petto feroce. La qual pietá non chieggo se fu verace: ben so ch’ella non è diversa da quella del carnefice il quale col teschio in mano deplorasse avere spente le altre membra. So che proseguendo le devastazioni gloriose, diroccasti immantenente le cittá tutte dell’Affrica alleate de’ Cartaginesi. So che ridotta quella regione a deserta arena, fu poi con orgoglio denominata provincia romana. So che a te rimase il titolo di Affricano Secondo, e fu consegnata l’Affrica a’ proconsoli, i quali con le impunite loro concussioni vi perpetuarono il flagello della conquista.

Ma giá la Iberia, divenuta il teatro sanguinoso della gloria