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PARTE PRIMA


Tacque il Dittatore, e con nobile sdegno guardava la moltitudine. I cinque spettri volgeano le pupille ardenti come brace nelle cavitá degli occhi minacciosi. Stava sulle labbra loro un formidabile silenzio. Rimanea muta l’aura con essi in quelle vie cavernose, né alcuna larva ardiva prorompere con la voce al cospetto di quelle ombre fra tutte autorevoli e venerande. Che se quelle turbe aveano tal reverenza, non è d’uopo che alcuno richieda qual fosse la mia. Ecco però quegli il quale io credea, tanto per la soavitá dell’indole quanto per certa sua modestia particolare nella vita, che dovesse alla presenza d’uomini soverchianti per la fama tacere sommesso, invece con intrepida fronte soggiunse:

— Giacché mi stimoli, o Dittatore, co’ tuoi rimproveri sdegnosi a confermare vie piú le nostre malvagitá, io sono deliberato farle manifeste con baldanza eguale alla tua molestia in ascoltarle. Voi pure le udirete, o Scipioni, i quali vivendo non conobbi se non per le sculte immagini e per le formidabili imprese. Né alcuno si maravigli se tale uomo quale io fui, quassú languente in molli ozi con decoro, qui favelli animoso. Non ebbi altra indole, ma la nascosí; tacqui non per codardia, ma persuaso che ogni alto e libero discorso, quasi balbuziente stoltezza, fosse offerto allo scherno di tante corruttele. Che se trascorsi gran parte della mia vita lontano da questa patria infelice, non avvenne perché io fossi indegno di servirla, ma perch’ella mi parve ornai non piú meritevole di cure illustri e pericolose. —

Mentre egli cosí ragionava, scosse la testa come avviene parlando con ira, e l’argentea capellatura ondeggiava sugli omeri suoi. Quindi si volse agli Scipioni, e prosegui: — Di voi primi due gloriosi fratelli Cneo e Publio, caduti ne’ campi della Iberia, io non farò censura, perché moriste combattendo, e niuna vostra impresa trapassò le atrocitá consuete della guerra. Lasciaste però a’ vostri posteri, vivuti piú lunga etá di voi, tempo non meno che funeste occasioni di strage. Parlo di te, figliuolo di Publio, di te nominato l’Africano Primo, il quale in Cartagine Nuova nella Iberia le esequie al padre ed al fratello di lui, ivi spenti, celebrasti con pompa crudele, quasi in segno funesto di estermini futuri. Allora da te invitati, combatterono su quelle tombe