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NOTTE II - COLLOQUIO IV


le ingiurie, e difendendo i rozzi suoi abituri nel monte Palatino, e le sue biade sulle ripe del Tevere, fu cosí felice che ridusse gli assalitori a cederle non solo i ferri, ma ad usarli in difesa di lei per l’avvenire. Questo fu proponimento speciale e sapientissimo della patria nostra, che i vinti popoli d’Italia essa non tenne sottoposti in giogo servile, ma nel suo grembo accolse come gli altri cittadini. Dalle giuste difese nasce però inopinata necessitá di prevenire le ingiurie imminenti: quindi si ampliarono le nostre vittorie in lontane regioni, dove secondo la inevitabile imperfezione delle umane cose, talvolta furono i trionfi mescolati con le malvagitá. Pur niuna guerra, quantunque giusta o necessaria, si può lungamente fare senza qualche eccesso di vendetta. Io pertanto mi maraviglio che una mente quale tu sei versata nelle storie universali, presuma che un’arte crudele di sangue e di morte possa da modeste consuetudini, come le urbane cose, essere moderata. Roma però, nella diuturnitá ed ampiezza delle sue imprese marziali, usò piú di qualunque altra nazione modi eroici, e generose alterezze, e virtú in quella atroce licenza inaudite. Fu presso tutte le genti sacra la fedeltá de’ nostri giuramenti e delle convenzioni, talché niuno mai diffidò quando un Romano promise.

Che se ti piacque di porre, con artifizio di parole, innanzi l’intelletto di costoro qualche trista impresa invece di obliarla, rammentare pur dovevi alcuna di quelle innumerevoli nostre allo splendore della quale rimasero attonite le nazioni. Vive ancora, lo spero, quassú la memoria della nostra lealtá con Falera, quando un pedagogo insidiosamente condusse a noi i principali giovanetti di quella cittá a lui affidati. Ma il nostro magnanimo Camillo ricusò con ira un cosí utile tradimento, e rimandò liberi quegli ostaggi preziosi. Né credo il tempo avrá sommerso il nome di Fabrizio, il quale guerreggiando con Pirro lo avvertí che il di lui medico gli si era offerto di avvelenarlo. Che se io intendessi, o Quiriti, di rammentare tutte le romane virtú, io turberei, piú che non conviene, questi silenzi di morte, e insieme direi cose a voi manifeste, perché vostre. Mi è quindi grave la necessitá presente, la quale mi costringe a ricordarle a tale animo quale costui, romano, equestre, leggiadro se non valoroso. —