Pagina:Verri, Alessandro – Le notti romane, 1967 – BEIC 1958204.djvu/76

PARTE PRIMA


gli occhi spregiatori di morte nelle circostanti larve con altero silenzio. L’Emiliano però si abbandonava sopra un avello in mesto contegno, ancora inconsolabile per la perfidia della ultima sua notte. Ma fra’ molti miei, questo pensiero allora si destò, come Tullio nato molti anni dopo la morte de’ Scipioni, potesse cosí ravvisarne le sembianze. La qual mia perplessitá avendogli palesata, mi rispose: — Non Roma soltanto, ma l’Italia, anzi le provincie tutte del nostro Imperio conobbero ne’ simulacri marmorei o nelle tavole dipinte questi venerevoli aspetti. Stavano que’ monumenti nelle case, ne’ fòri, negli atri, ne’ mausolei, grate insegne della virtú loro e stimolo perpetuo della nostra. Noi miseri al certo se non avessimo contezza di quelle sembianze perché posteri! Dove non si serbano con lagrime ed onore le immagini degli uomini grandi, conviene che le virtú non rechino diletto al cuore, né maraviglia alle menti. —

In questa sentenza Tullio favellava con me, ed io pendea dalle sue labbra divine. Quand’ecco Pomponio avvicinandosi a lui proruppe con ingenue parole cosí: — Ve’ come non meno quaggiú le illustri malvagitá usurpano tal lode che sola converrebbe alle benigne imprese! Costoro i quali empierono gli abissi di morte con le imprese loro sanguinose, qui riveriti ancora, sono guardati dalle turbe con timido stupore. Noi, i quali cercammo onesta fama con moderati costumi e con belle discipline, noi continuamente solleciti degli umani uffizi, nondimeno da che apparvero costoro, qui rimanghiamo negletti. — Disse Tullio alquanto dolente: — Ohimè Pomponio, la molle piacevolezza degli ateniesi costumi e il dolce ozio delle Muse hanno forse in te infievolita la romana virtú, onde ragioni di lei con questi oltraggi? — Ed egli placido rispose: — Or che insieme con le membra abbiamo deposte le umane opinioni, conviene ragionarne con libero intendimento. Se, quando fummo erranti nelle illusioni della vita mortale, ardimmo sollevare i nostri pensieri alla contemplazione del vero, come ora, che siamo usciti dalle tenebre umane, lascieremo di spaziarci nella sua luce deliziosa? —

— In lei, — rispose Tullio, — io pure mi specchio, e ne sono insaziabile. Questa però è sua dottrina principale, che la benevo