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NOTTE II - COLLOQUIO III
Rutilio e Cotta patrizi eccellenti, i quali né potendo sofferire, né
correggere la cittá, andarono da quella in esilio volontario. Tu
medesimo, o splendore nostro di eloquenza e tesoro di filosofia,
Marco Tullio, perseguitato da’ vizi trionfanti, abbandonato da’
buoni, non difeso dalle tue odiate virtú, fosti pur costretto cercare
la tua salvezza in esilio per te acerbo e per la patria ignominioso.
Quindi ritornato a lei vivesti in continue perplessitá
investigando i modi convenienti a riformarla, e non mai trovandone
alcuno. Le quali infruttuose dubitazioni furono poi nell’animo
tuo deliberate, quando vedesti oppresso Pompeo. Avvegnaché
pronunziavi apertamente allora quella sentenza, che non solo
era mestieri il deporre, ma il rompere le spade. La quale udendo
una volta lo stesso figliuolo di Pompeo trasse il ferro e volea
trafiggerti, se non lo vietava Catone presente alla contesa. Niuno
poi dovrebbe meno di te, o Bruto, opporsi alla mia opinione,
il quale porgesti a Roma disperata il rimedio estremo quanto
inefficace. —
— Voi, — interruppe Tullio, — saliste ad alta fama per contrari sentieri. L’uno fu agli occhi di tutti come uno esempio maraviglioso di moderati costumi in tempo funesto ad ogni virtú. Quando i feroci impeti della ambizione traevano la maggior parte a sconvolgere i patri instituti, egli stette in calma quasi vetta di monte dove non giungono le nubi. L’altro con illustre proponimento sperò di estirpare nella vita di uno le malvagitá inveterate e comuni. —
— Chiunque dispera, — soggiunse Bruto, — della salvezza pubblica, e l’abbandona, propone un pernizioso esempio quanto chi si ritira in campo dall’ordine de’ combattitori. Un vero cittadino non ha vita piú lunga della patria sua, perché non sopravvive al dolore di averla perduta. Oltre ciò il sentenziarla a morte è giudizio ripugnante alla probabilitá consueta delle umane vicende. Le quali, benché sempre varie di lor natura, pure insegnano costantemente che se talvolta sono deluse le piú liete speranze, spesso non accadono però i danni temuti e le imminenti ruine. Io non mirai pertanto dalla spiaggia la tempesta di Roma, anzi mi spinsi a nuoto, e con essa naufragai. — Ed a lui quella