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PARTE PRIMA


nel volto una acerba ironia: — Magnifiche sono, invero, le tue parole, o spettro io non so se prode quanto audace; ma pur male ti vanti avere prostrato il tiranno, se poi fosti costretto in breve scendere con esso quaggiú. E chi fu egli? — Bruto allora stese la destra, accennando Caio Cesare, e rispose: — Vedilo, io lo spensi, e fu assai migliore di te. — Siila, volgendosi a quello, immantenente lo riconobbe e disse: — O Bruto, vedi quant’era opportuna la mia severitá, e quanto perniziosa ogni clemenza! Io condannai questo nella proscrizione, ma le preghiere di molti cosí mi furono di noia, che ne rivocai la sentenza. Fui presago nondimeno a’ Romani che in lui serbavano la ruina loro, perché in tal uomo la malvagitá di molti Mari stava adunata. — Bruto severamente aggiunse: — Maraviglioso fato è questo, che tu avendo mietuti con tremenda falce innumerevoli cittadini, fra’ quali potea sperarsi un vendicatore della patria, a lei serbasti quell’uno che opprimere la dovea. Quella sola volta pertanto in cui fosti clemente, ne recasti danno infinito. Ma tale è la natura delle pessime cose, ch’elle non possono operare mai alcun effetto benigno. —

Cesare, per quelle parole alquanto mesto, esclamò verso Bruto: — Pace ornai! — Quegli tacque, e Cesare volgendosi a Cornelio proseguí: — Oh insaziabile di sangue, crudele proscrittore! Il tuo imperio, qual effetto spaventevole di celeste ira, ebbe per sua insegna il terrore e la morte. Il mio fu acquistato con magnanimo valore, e con la clemenza mantenuto. A te fu grato il volto pallido de’ Romani tremanti alla tua presenza funesta; a me piacque solo vedere nelle fronti loro una fiducia aperta ed una lieta baldanza. Niuno avrebbe toccato la tua mano sterminatrice. Ma questa mia, pura di proscrizioni e d’insidie, tremenda solo a’ nemici di Roma, io stesi benigna ed ospitale a’ Quiriti; e fu da loro accolta benevolmente. —

Siila con un feroce sogghigno rispose: — Mal ti lodi per avere usata molle bontá con tristi animi, che si vantano ancora di averti tradito. A piú ragione io mi compiaccio de’ rigori miei, co’ quali resi me sicuro e gli uomini sommessi. A te piacque essere benigno co’ perfidi, e ne facesti infelice esperimento; a me piacque la