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NOTTE I - COLLOQUIO VI


splendide sentenze. Come si dileguano le nubi al soffio di zefiro, cosí da quelle sembianze si sgombrò ogni perturbazione. Il Dittatore stese il primo la destra vittoriosa; e Bruto allora si coperse col lembo della toga il volto, quasi velando altrui quella pietá che lo commovea. Tullio, il quale non avea mai veduto in quella fronte austera alcuno indizio di molli pensieri, era prossimo a versar lagrime per la dolce compiacenza di quegli effetti delle sue parole. La moltitudine spettatrice dal mesto silenzio proruppe in flebile strepito come di mare udito da lontano. Io giá sentiva per le guance scorrermi le stille della pietá, veggendo commossi animi tanto prodi, e per cosí eccelse cagioni. Quando Cicerone, scosso da súbito pensiero, a me disse con tristezza affettuosa: — Giá il mondo volge questo emisferio a’ raggi del sole, e siamo costretti di trascorrere alle tenebre loro contrarie. —

Ancora egli cosí favellava, che gli spettri si dileguarono qual fumo, A lui stesso mancava parlando la voce, quasi fosse allora spinto da imperio celeste alla fuga. Egli sparve pronunziando quelle ultime parole, ed io rimasi con gli occhi desiderosi, il cuore palpitante e le pupille sommerse nella oscuritá. Non era ben consapevole a me stesso di me, se fossi vivo, desto, spento, o sognante. I ragionamenti vari, gli spettri innumerevoli moveano ancora l’intelletto a maraviglia e percuoteano il cuore di molle commiserazione. Io poscia dolente, perché abbandonato da quelle anime valorose, incerto di rivederle e di ascoltarle, pur con supplichevole voce le invocava. Ma le grida mie risonavano senza effetto nelle inesorabili tombe. Rivolsi pertanto i dubbiosi passi a tentone fra le ossa, che talvolta mi scrosciavano sotto il piè vacillante, e rividi il cielo. Giá l’aurora stendea il roseo velo, e zefiro lo scuotea con dolce alito, precorrendo la trionfai luce del sole. Era grato il respirare quel rugiadoso aere a me uscito allora dalle tenebre inferiori. Mi avviai pertanto al mio soggiorno, dove oppresso ornai dalla stanchezza, giacqui. Ma la mente nel sonno volgea pure quelle immagini divenute giá tiranne d’ogni mio pensiero.