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PARTE PRIMA


di facinorosi tratti dalle carceri, e di gladiatori i quali in ogni via lasciarono le orme delle crudeli opere loro. Il Tevere tinto del sangue vostro mosse il flutto lentamente perché gravato dalla moltitudine degli spenti. Pompeo stesso, mirabile per le sue imprese, venerato per la sua bontá, ebbe pur macchiata di sangue la toga nel comizio. Non piú i suffragi davano le dignitá, non piú le chiedeano umili i candidati, ma gli audaci ambiziosi, traendo i satelliti armati, affrontavano gl’emuli con bellica fortuna.

Considerando pertanto queste corruttele da me piú adombrate che descritte, credo apparirá, o M. Bruto, a te ed a questa moltitudine, che la genuina libertá era presso noi decaduta per lunghi oltraggi; e che non rimanea a sperarsi altra condizione se non che un assoluto e vigoroso imperio contenesse la indomita licenza. Quindi le menti eccelse, che sdegnano servire, doveano tentare di sorgere cosí in alto che rimanessero superiori alle offese. La qual sentenza, piena di pericoli gloriosi, io ebbi, e con le opere la manifestai. Altri pur molti la confermarono in vari modi, ma che tutti dichiaravano infruttuosa ogni speranza di libertá. Vedeste il gran Lucullo, poiché avea fugati innanzi l’aquile vostre Tigrane e Mitridate oltre le correnti del Tigri ed i gioghi del Tauro, consumare il rimanente della vita negli ozi, sdegnando offerirsi agli oltraggi del volgo. Quanto prima egli era celebrato per gli trionfi, tanto di poi lo era per le cene. Con la qual molle negligenza delle discordie civili ben dimostrò non credere ch’elle fossero meritevoli di cura maggiore. E quel Catone, il quale tanto ebbe a sdegno la mia clemenza in Utica, pur lasciò innanzi uccidersi per estrema dottrina a suo figliuolo di non ingerirsi nelle pubbliche faccende, come non piú convenevoli ad onesto cittadino. Uomini pertanto mansueti e virtuosi uscivano di queste mura come fuggendo la procella, e si ricoveravano nel porto di vita domestica ed innocente. Fra’ quali Pomponio rimase in Atene assai piú lungamente che non avremmo tutti voluto siccome bramosi dei suo dolce conversare. Tu poi, o M. Tullio, credevi cosí oppressa la patria che per deplorarla vestisti a lutto, ed al tuo esempio gran numero di patrizi ed il Senato stesso apparve con quelle insegne lugubri, come rito funereo alla morta libertá. Anzi dopo il giorno di Farsaglia, il