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PARTE PRIMA


scambievole benevolenza, quando vide contaminate di sangue quelle soglie, rimase percosso da generoso ribrezzo. Non potea credere che Roma sopportasse cosí abbominevoli estermini, e si dolca non avere un ferro con cui uccidere l’insoffribile tiranno. E tanto era il giovanetto infiammato da quell’ira eccelsa, che a stento potè l’aio suo rattenerlo dal non prorompere in azioni che manifestassero que’ magnanimi e pericolosi pensieri. Io medesimo ch’or vi parlo fui compreso nel numero de’ proscritti, non per altra colpa se non perché fui congiunto alla famiglia di Mario. Correa per me allora l’anno dieciottesimo della vita, e fui costretto vagare fuggendo i persecutori di quella. Ma pur molti supplicando continuamente il tiranno in mio favore, alfine egli vinto dal tedio se non dalla pietá, mi scancellò dal ruolo. Ma tanto era la sua indole ritrosa alla clemenza, che soleva quotidianamente dolersi di avermi perdonato.

Quale ampiezza di facondia può mai tutte comprendere quelle stragi? Sono maggiori sempre quelle che rimangono a narrarsi, che le narrate. Prima vien meno il tempo e la voce che non la funesta materia, la quale come pelago si diffonde. Le intiere cittá furono proscritte, e popolate solo di cadaveri sparsi per le vie deserte. Fu Preneste desolata con l’eccidio di dodicimila proscritti, e quindi Spoleto, Interamna, Florenzia, Sulmona, Boviano, Esernia, Telesia, per tacerne molte altre, furono inondate di sangue, arse, distrutte. Dopo le quali imprese nefande, assunse il titolo di dittatore, e dalla vostra codardia gli fu aggiunta quella inaudita potestá, cioè che qualunque di lui fatto dovesse approvarsi. Della quale valendosi egli immantenente, apparve nel comizio con ventiquattro littori che aveano la scure dentro i fasci, prima volta che in quelli fosse tale insegna di morte. Quindi per beffa crudele fece pompa e prova insieme della superbia sua e della vostra dappocaggine, invitando il popolo a scegliere i consoli nuovi. Perché avendo concorso a tale dignitá Lucrezio Offella chiarissimo patrizio, Silla con placidezza dall’alto seggio ordinò ad un centurione di uccidere quel candidato. Mentre egli insinuandosi fra la moltitudine chiedea i suffragi, fu prostrato dal centurione. Questi fu condotto dal popolo sdegnato come reo innanzi a Silla, dal quale