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NOTTE I - COLLOQUIO IV


COLLOQUIO QUARTO
Lo spettro di Gratidiano.


Cosí ragionava il Dittatore, quando apparve una larva che avea il capo vacillante come fosse giá reciso e collocato sul busto. Vidi il segno della scure sul collo in striscia di sangue. Era senz’occhi e senza mani, e quando fu presso al Dittatore a lui stese i moncherini quasi chiedendo pietá o vendetta. Intanto gli grondavano dalle caverne de’ spenti occhi lagrime sanguigne. Ahi vista orrenda! Cesare sospese il suo ragionamento, e mostrava dolersi di quell’aspetto. Quegli si nascose poi fra la moltitudine come ritroso a mostrarsi cosí manomesso. Quindi il Dittatore proseguí:

— Eccovi una terribile impresa di Catilina, e della quale è capace solo un fraticida. Quegli è Gratidiano, patrizio illustre, e proscritto perché nipote di Mario. Catilina inventò e diresse il modo del suo supplizio. Primamente flagellato per le vie dal carnefice, gli furono poi cavati gli occhi, tronche le mani e la lingua, frante le membra tutte, ed alla fine reciso il capo. Ma era forse conceduta almeno la pietá di quello strazio crudele? No. Un senatore, che in rimirarlo svenne, da sicari immantenente fu ucciso. Catilina stesso fu sollecito di porgere a Silla quel teschio, e lavò poscia le mani intrise di sangue nelle acque lustrali del tempio di Apollo come se avesse compiuta una sacra cerimonia.

Accorreano pertanto alla casa di Silla, aperta a quotidiane carnificine, da ogni parte d’Italia i teschi de’ proscritti, e gli ucciditori ne riscuoteano la mercede come a pubblico erario di atrocitá. Ivi erano anche tratti spesso proscritti vivi, e spenti con inauditi strazi di poi. Né credo rimanesse in quella etá funesta altri meritevole del nome di cittadino romano fuorché un adolescente di anni quattordici, il nostro venerevole Catone. Il quale condotto spesso dall’aio suo in casa di Silla, perché le famiglie loro aveano

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