Pagina:Verri, Alessandro – Le notti romane, 1967 – BEIC 1958204.djvu/37

NOTTE I - COLLOQUIO III


alla immensa vendetta di costui, anzi la Italia tutta fu inondata di sangue. In mezzo del quale tripudiava ne’ splendidi conviti, lieto di rimirarlo scorrere a fumanti rivi. In breve però la sua intemperanza fece quella vendetta la quale a’ vostri ferri piú giustamente apparteneva. Mario alfine morí di crapula, e provetto, il quale meritava spirare d’inedia, e in culla. Non è facile il deliberare s’egli sia stato piú funesto a’ nemici nostri o a noi.

Non fu però sgravata Roma, per la morte di lui, dal tristo peso di quella oppressione. Anzi nelle sue stesse pompe funerali, Fimbria, il piú feroce de’ satelliti suoi, agitato da improvviso furore, ordinò a’ sicari di uccidere il pontefice massimo Scevola il quale celebrava quel rito. E perché questi si sottrasse fuggendo, quegli giunse alla incredibile audacia di citare quel grave, saggio, inviolabile uomo al comizio qual reo. Dove richiesto Fimbria di esporne la sua accusa, disse ch’ella era questa, cioè che Scevola non avea ricevuti nelle membra i colpi che gli erano destinati. Quindi il nome non meno che l’atrocitá di Mario tutta rimase, come retaggio funesto, nel suo figliuolo. Il quale fatto consolo quattro anni dopo la morte del padre, fu sollecito di mietere le vite de’ migliori, che restavano come rade spighe dimenticate nella raccolta. Ma non potendo superare il padre nella crudeltá, volle segnalarsi nella perfidia. E però avendo convocato il Senato, quando sedeano i senatori nell’aula, furono da’ sicari mariani, giá esperti in quotidiane carnificine, la maggior parte uccisi. Nel quale sterminio fu compreso alfine Scevola, che nell’atrio del tempio di Vesta cadde svenato.

Mentre quelle stragi contaminavano Roma, Siila combatteva in Asia contro Mitridate. Ma subitamente volgendo a noi le sue legioni, qui apparve spaventevole distruggitore. E per la prima impresa, intanto ch’egli presedea al Senato nel tempio di Bellona, fece svenare, chiusi in luogo prossimo, ben seimila guerrieri mariani che gli si erano dati prigionieri. Le agonizzanti grida di quella moltitudine trafitta da’ sicari, chiusero negli anelanti petti le parole a ciascun senatore. Un silenzio di morte ingombrò quella venerevole adunanza. I volti dipinti di pallore, le pupille dubbiose erano la sola eloquenza degli atterriti pensieri. Ma Siila, come se