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PARTE PRIMA
ad eseguire la strage, e stette nella soglia. L’aspetto di tanto uomo,
e la sua eccelsa facondia, rattenne i ferri di que’ micidiari. Il tribuno,
giá sdegnato per quel breve indugio, entrò nell’abitazione
e di sua mano recise la testa all’oratore, mentre i satelliti rimaneano
ad ascoltarlo con gli occhi lagrimosi, vinti dalla pietá in loro mossa
dalle sue illustri parole. Quindi recò il teschio a Mario, il quale
accolse l’uccisore con forsennati amplessi, collocò la sanguinosa
offerta fra le vivande della mensa alla quale ancora sedea crapulando.
Lungo tempo egli soddisfece le atroci pupille in quel teschio,
il quale poi con gli altri innumerevoli fu appeso a’ rostri, divenuto
oggetto di orrore dove lo era stato di maraviglia.
Non meriti, non dignitá poteano frenare il cieco impeto dell’ira in Mario, che anelando vendetta non si saziava d’inondare di sangue quella cittá donde era scacciato poc’anzi per bellica fortuna. E pertanto Catulo stesso, giá suo collega, e che specialmente avea contribuito alla vittoria de’ Cimbri, non potè allora ottenere grazia da lui. Anzi come fosse la sua gloria uno splendore molesto, né preghiere presenti, né meriti anteriori, né gli allori comuni poterono mai piegare l’animo di Mario, che sempre diede quella terribile risposta: * Muoia». Per la quale Catulo disperato fece ardere materia combustibile in cella chiusa, e in quella vampa si affogò. Anche Merula, sacerdote di Giove, prevenne fra tanti estermini l’insidie, da se medesimo svenandosi innanzi il simulacro di quel nume. Erano tante però le morti disegnate nel feroce pensiero, che Mario stesso non avea tempo di pronunziarne a tutti la sentenza. Quindi convenne co’ suoi esecutori un modo spedito di far cadere a’ suoi piedi nelle vie i cittadini. Fu questo: a chiunque egli non restituisse il saluto, si dovea togliere immantenente la vita. Molti accorreano supplichevoli, o per sé o per gli congiunti, sembrando a ciascuno grazia il vivere in tanta distruzione, e molti cadeano a’ piè del provetto carnefice, il quale con un silenzio funesto li condannava. Anche gli amici suoi, seppur ne hanno i malvagi, non si avvicinavano a lui in que’ sanguinosi eventi, se non col pallore di morte in fronte. Ben cinque giorni e cinque notti quella fiera manomise, arse, insanguinò questa terra, che si dovea aprire per ingoiarlo. Né furono giá queste mura confini