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NOTTE I - COLLOQUIO III


agnelli intruso nell’ovile, come lo spietato Mario esterminava i cittadini. Furono i rostri coperti subitamente di teschi de’ patrizi piú illustri. Voi Romani, poc’anzi io non so se liberi o insolenti, allora insensati alle ingiurie estreme, tremanti all’aspetto di strazi incredibili, porgevate mansueti la gola a’ sicari, i quali sogghignando ve la trafiggevano. Che se in tanta codardia il consolo Cneo Ottavio nel seggio curule in toga fra’ suoi littori aspettò intrepido gli eventi della fortuna, certo non fu quello un sincero esempio di costanza. Perché quantunque da’ sicari assalito rimanesse in quel maestoso contegno, e in quello fosse da loro ucciso, nelle sue vesti poi gli fu trovata la risposta di un astrologo il quale lo accertava che non sarebbe perito in quelle perturbazioni.

Quali malvagitá debbo io rammentarvi, quali trapassare, che in tanta copia si destano al mio pensiero? Il senatore Sesto Licinio fu per ordine di Mario precipitato dalla rupe Tarpea. Il figliuolo stesso di Mario uccise un tribuno della plebe, e mandò il di lui capo a suo padre come gratissima offerta. Due della mia stirpe, Lucio e Caio Cesari fratelli, caddero in que’ funesti avvenimenti. Imperocché sendosi Caio ricoverato da un suo cliente, al quale avea salvata la vita con la eloquenza sua, fu da lui ingratamente denunziato a’ sicari mariani. Lucio fu svenato alla tomba di Vario tribuno, giá nemico de’ buoni mentre visse, e ch’ebbe, estinto, questa vittima convenevole alla sua indole feroce. P. Crasso vide uccidere un suo figliuolo, né potendo sopravvivere a quella angoscia, su di lui si trafisse. Chiude il tempo nel suo vasto grembo infinite malvagitá allora accadute; questa però dee ancora deplorarsi da voi, cioè la morte di M. Antonio oratore. Né alcuno presupponga altra cagione per cui Mario lo condannasse, fuorché l’ingenito odio de’ tristi contro i buoni. Quel carnefice era a mensa, quando seppe che M. Antonio era preso da’ sicari suoi. Ebbro di Falerno e di sangue, gridò per gioia, batté le mani ed i piedi esultando con tripudio feroce. I commensali lo rattennero a stento ch’egli medesimo non accorresse ad ucciderlo. Ordinò ad Anio, suo tribuno militare, che gli recasse quel capo venerevole immantenente. Quegli giunto alla casa di Antonio vi spinse i satelliti