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PARTE PRIMA


impresa fu inutile negli effetti; quindi reggiamo s’ella fu giusta nelle cagioni. Narra pertanto quali esse furono. — E Bruto incominciò:

— Ingegno maraviglioso, ma incapace di quiete; cuor grande, ma nelle sue brame smoderato; indole generosa, ma ripugnante ogni eguaglianza civile; animo spinto quasi da febbrile impeto sempre a straordinarie imprese, furono in te vizi splendidi e pregi insidiosi. Quindi non vi fu mai cittadino piú di te pernizioso in giá inferma libertá. Niuna virtú mai ti rattenne dal tentare alte fortune; ma quando vi fosti giunto lasciasti in vita quelli che rimasero avanzi degli eccidi distruttori, con pompa di clemenza. Né vuo’ che il discorso stia in queste sentenze generali, ma in prova di esse dee scendere alle specialitá. Per la qual cosa tralasciando le obbrobriose dissolutezze de’ tuoi privati costumi, io intendo manifestare i pubblici vizi tuoi. Or ti rammenta come sendo di giovanile etá, ma di tristezza maturo, non potevi partire al proconsolato della Iberia per ignominiosa cagione. Perocché avendo tu dissipate le sostanze ne’ comizi per ottenerlo, i creditori ti rattenevano, né saresti partito a quella dignitá se il ricco nostro Crasso non ti fosse stato mallevadore. Quindi con nuove largizioni giunto al consolato, fosti piú sedizioso di un tribuno della plebe, adulando la quale ti preparavi scaltro la via per innalzarti fra le tempeste civili a sublime fortuna. Gemeva il Senato veggendo che tu proponevi di nuovo la sempre fatale esca di tumulti plebei, la legge Agraria; fremeano i migliori, e l’ottimo fra tutti, il mirabile Catone; il tuo collega Bibulo si opponeva alle tue perniziose imprese. Ma ne appellasti al popolo. Oh deplorabili comizi ne’ quali erano sparsi, per terrore de’ buoni, i tuoi satelliti co’ pugnali coperti dalle toghe! Appena Bibulo incominciò ne’ rostri ad aringare contro la legge da te proposta, la plebe, da te pur mossa, gettò il fango sul venerevole capo del consolo, ruppe i fasci de’ suoi littori, trasse la sua stessa persona per le scale del tempio di Castore, coperse di sangue e di ferite quelli che lo scortavano, e fra loro due tribuni, quantunque inviolabile dignitá. Ben due volte il magnanimo Catone si oppose a quella adunanza tempestosa con la sua voce fin allora venerata, ed altrettante i sicari tuoi lo tras