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PARTE PRIMA


sono frante le ossa illustri, si muove fra noi tumulto maraviglioso, e qui siamo spinti a non mai sperato congresso. Io pertanto ragionava a’ primi che vi concorreano, i quali riconobbi per anime del volgo; e però seguendo il costume ch’ebbi in vita, declamava loro, come nel comizio, autorevolmente. —


COLLOQUIO SECONDO
Bruto e Cesare disputano sulla uccisione del Tiranno.


Mentre in questa guisa Tullio mi trattenea con benigna favella, risonarono quegli antri di varie sommesse voci in ogni parte, e quindi e dalla terra, e da’ tortuosi sentieri, e dalle tombe uscivano di nuovo spettri visibili a certo ingenito loro splendore come di lucciola palpitante. Aveano l’aspetto in gran parte conforme a quelli giá appariti, ed in parte erano diversi. Imperocché alcuni erano vestiti di toga prolissa, altri di saio succinto, altri armati, altri coperti di stola matronale, per modo ch’io non dubitai che quelle non fossero le piú illustri larve de’ Romani. Quant’erano maravigliosi i vostri volti, e quanta la dignitá delle persone! All’apparire di quelle, io quantunque pieno d’insaziabile desiderio di contemplarle, pure commosso dalla maestá loro, alquanto ritraendomi dissi a Tullio: — Reggi la mia costanza, perocché l’umano petto non resiste ornai all’inopinato portento. —

Quegli a me stendendo la mano protettrice: — Rimani, — disse, e poi benigno mi guardò. Si rivolse quindi alle concorrenti larve, e con mansueta e nobile autoritá chiese con la destra silenzio. Rimasero immantinente le ombre tacite con docilitá maravigliosa affollate intorno a Tullio, ed io presso lui stetti con alito sospeso. Gli spettri si guardavano scambievolmente con ansietá, e Tullio quant’altri mai contemplava la moltitudine. Quand’ecco egli sciamò quasi gemendo: — O mirabile fra noi, e meritamente nominato l’Ultimo de’ Romani, non sei tu Marco Bruto? — Que