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NOTTE I - COLLOQUIO I
da paterna benignitá proruppe lieto e modesto: — Io sono quegli,
io l’omicciuolo arpinate che tu ricerchi. —
Come posso io esprimere quella delizia che m’inondò il petto quando udii questa maravigliosa risposta? Rimasi tacito e perplesso come ad impensata novella; quindi mi lanciai verso lo spettro, e piú volte mi sforzai di abbracciarlo con riverenza affettuosa. Ma ritornarono le braccia vote al petto. Quegli nondimeno si compiaceva del mio onesto desiderio. E quando fu in me temperato l’impeto della contentezza, io contemplai attento quella fronte nella quale stavano i tesori della dottrina, e quelle faconde labbra che altrui ne faceano copia, e quella mano che avea stretto lo stile d’oro, e quel petto ch’ebbe un cuore cosí grande per la patria e cosí tenero a’ suoi. Ben mi duole che la veritá mi costringa a privare d’un piacevole inganno quelli che sono persuasi di possedere o in gemme o in simulacri la immagine di tanto uomo, perché niune somigliano a quella. Non mai pertanto io ho cosí desiderato alcuna perizia di scalpello o di colori in modo che fossi atto ad esprimere quelle sembianze, quanto in tale incredibile occasione per cui io solo fra’ vivi potrei soddisfare il desiderio comune. Ma se in altra guisa non posso, almeno mi studierò supplire con la mediocritá dello stile, adombrando quella immagine con le parole. Il corso degli anni virili sembrava compiuto su quel volto: era alquanto estenuato come di uomo il quale non cura i diletti corporei, e solo si compiace degli intellettuali. Una soave gravitá esprimeva le lunghe contemplazioni della mente, ma una grata modestia insieme parea che nascondesse la copia delle dottrine. Capelli alquanto scarsi, e misti di canutezza, erano senz’artifizio tagliati intorno al capo. La fronte rugosa fra le ciglia manifestava che spesso erano usate contrarsi in profondi pensieri. Splendeano gli occhi grandi, e lenti ne’ moti loro, con certa luce maravigliosa la quale m’è ignoto se l’ebbero in vita. Sovr’essi stavano le ciglia vaste, arcuate, vellose. Erano le guance piuttosto pallide, la bocca alquanto ampia, le labbra turgide, spezialmente l’inferiore, il mento proporzionato. Lo appoggiava spesso, quand’era in silenzio, alla sinistra mano, e però fu verace Plutarco il quale, nella vita di cosí illustre uomo, non ommise questo consueto suo atteggia