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PROEMIO
petua delle vostre imprese, ritorni la piú nobile sostanza di voi.
Ed io quantunque intelletto impuro in questa inferma carne,
in breve da sciogliersi, ed impedito ad ascendere alle celesti sottilitá
dal peso della materia, pure per lo magnanimo desiderio mio,
per gli eccelsi pensieri che qui mi traggono, per l’ardimento negato
a’ mortali che qui a voi mi spinge, io vi prego mostrarvi,
quali foste, benigni e liberali. —
Stavano ascoltando gli spettri con degna attenzione, e di mano in mano che il mio ragionamento continuò, pareano far piú lieto l’aspetto ed inchinevole alle mie richieste. E poiché tacqui, uno di loro incominciò: — Ben meriti, o prode uomo, che ciascuno di noi non ti perturbi, ma al contrario ti sia grato per cosí maravigliosa brama quale nutrí digiuna lungamente in petto, ed ora siccome vedi soddisfatta. Imperocché vivi pure illeso, e Ubero, e ragioni con noi Quiriti, e ci vedi pronti a trattenerci con te quanto concede la severa legge di questo regno di morte. Ma sendo noi ora la prima volta congregati per felice concorso non mai per l’addietro conceduto, siamo, ben lo devi credere, solleciti piú d’ogni altra cosa, di conversare fra noi. Imperocché ciascuno qui ritrova, dopo lungo esilio ne’ tenebrosi deserti, o il genitore, o la consorte, o il figliuolo, o il fratello, o il congiunto, o l’amico, e tutti, ciò che ogni altro titolo sopravanza, il cittadino. — Mentre egli cosí benignamente ragionava, le concorrenti larve mi guardavano come navigatore giunto da spiagge remote, ed una di loro di grave aspetto mi interrogò: — Or quassú che avvenne? — E insieme accennava con la destra, sollevando l’indice, la terra superiore. Ed io risposi: — Innumerevoli e strani volgimenti di fortuna che non posso descrivere convenevolmente col ministerio di rozza eloquenza. — A tali parole si guardavano quelle ombre, come agitate da inesplicabile ansietá di novelle, e molte concorrendo mi chiedevano: — Rimane ancora pietra di nostra cittá? N’è spenta, o vive la memoria? Galleggia sul diluvio de’ secoli alcuna insegna di lei? —
Ed io risposi: — Vive Roma immortale, onorata, splendida per altro modo, con altri ordini, ma ancor meritevole di vostra ammirazione. — Non cosí furono commossi i Greci adunati ne’