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NOTTE III - COLLOQUIO IV
debitore codardo di vita infame alla abominevole benignitá di
costui? —
Risonava la voce dell’irato padre nelle cavitá degli antri, senza risposta fuorché dell’eco ripercosso da quelle. Intanto la moltitudine rispettava il dolore paterno di cosí illustre cittadino. Ma poich’egli invocò piú volte l’ombra del figliuolo, e niuno apparve:
— Ben è dovere, — disse, — che un tale codardo non ardisca mostrarsi in Roma a’ Romani. O male da me generato servo, rimani pur sempre vagante ne’ tenebrosi deserti della morte. — Poi volgendosi al Dittatore, aggiunse con impeto: — Per qual destino funesto ora qui stai? E come i Quiriti, vili anche in morte, soffrono la presenza tua? — Rispose il Dittatore con quella fierezza conveniente alla sua alta fortuna: — Oh sciagura il non avere qui membra ed armi, perché ora potrei, con degno cimento, sodisfare la tua ira ostinata. —
Mentre egli cosí dicea, fremendo si pose in atteggiamento marziale. Divenne torvo l’occhio, la fronte minacciosa, il ciglio tremendo, tanto ch’io fui percosso da maraviglia. Dall’altra parte Catone cercava pur con umana consuetudine le armi intorno a sé, e non trovandole rimanea mesto e deluso. Oh terribili effetti delle discordie civili! Il tempo distrusse non che l’Imperio de’ Romani, altri innumerevoli posteriori; eppure immortale, inestinguibile ardea l’antico sdegno in quelle ombre nemiche! Ma Bruto s’interpose fra loro, e stendendo le braccia, in tal guisa favellò:
— Pace, o anime illustri, le ire vostre fanno, come vedete, mesti i Romani. Non è gara degna di voi il rinnovare qui le contese, dove elle sono senza pericoli e rimangono senza fama. — Il Dittatore si ritrasse a quella sentenza, e calmato rispose: — O mio figliuolo, ben sai quant’io valgo a resisterti, perocché mi ti abbandonai quando mi trafígesti. —
Catone allora, commosso per lo stupore, proruppe: — Oh inopinata vendetta! Bruto, deh parla, che s’io la sperava sarei rimasto in vita per esserti compagno. Io sono alfine placato, e tu sei il piú felice de’ Romani. — Quindi Bruto narrava al suocero austero quella avventura, il quale udendola si ricreava maravigliosamente. Non ommise però Bruto, siccome ingenuo e leale