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PARTE PRIMA
di Roma, e sedesse in quella feroce adunanza i decreti della quale
empierono di ossa le tombe e di sangue la terra. —
Lepido sparve a quella invettiva, ben confermando la opinione della sua viltá. Ottaviano però guardava Tullio con silenzio minaccioso. Antonio era in atto di ragionare. Gli occhi torbidi, le compresse labbra indicavano agitati i pensieri e la favella imminente. Quando apparve un’ombra femminile, che appoggiò sul di lui omero ambe le mani, e poi la fronte vi abbandonò. Antonio procurava di confortarla, ed ella gemeva come percossa da qualche tormentosa rimembranza. Quindi ella mostrò il suo volto, benché dolente, pur bello e decoroso. Era alquanto bruno. I suoi grandi occhi, mirabili per la dolcezza che aveano in sé e recavano ad altrui, si moveano lenti e pietosi. Il nero ciglio sovrastava loro con grazia severa. Le labbra tumide e porporine rimaneano socchiuse e disposte al soave alito di parole seducenti. Niuno mi chiegga quali fossero le vesti sue o gli ornamenti, perocché in quel volto, quasi per incanto, erano fisi gli occhi miei e vinti i pensieri. Antonio le avvolse al candido collo la manca, e raccogliendole con la destra il velo, tergeva le sue lagrime, pietoso confortatore. Quindi parea muovere le labbra in sommessi ragionamenti con lei, i quali benché regnasse alto silenzio, pure non mi percuoteano l’udito.
Immantenente però io vidi e Cicerone, e Pompeo, e Bruto, e Pomponio, e le circostanti ombre piú illustri, dopo una breve pietá, mostrare nel volto lo sdegno per la mollezza di Antonio, e fra loro Ottaviano malignamente sorrise. Io pertanto congetturai che quella fosse la regina lusinghiera troppo amata dal triunviro, per la quale fu cosí oscurato il nome di lui, che rimane perpetuo esempio della trista potenza di amore. Antonio, quantunque servo di quella, avea l’animo grande ed altero, e però sdegnando tale ironica negligenza di sua persona, si volse ad Ottaviano, e con impeto dicea: — Oh anima crudele, che non fosti mai turbata dall’imperio degli affetti! Quando eri nelle membra, certo non corse mai per quelle il dolce ribrezzo della pietá. Sei quindi conforme a te stesso, mentre ora deridi me vinto da cure delicate. —