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PROEMIO
templazione di ogni altro oggetto, a quelle subitamente la rivolsi.
I monumenti degli uomini illustri sogliono infondere nell’animo
una dolce tristezza assai piú grata del tripudio di gioia romorosa,
per chi sia inchinevole a pensierosa tranquillitá. Giá il velo della
notte ingombrando l’aere, favoriva la calma ed il silenzio convenevole
al mio proponimento. Un villereccio abituro sorge su le
tombe scipioniche, alle quali conduce uno speco sotterraneo simile
a covile di fiere. Per quella scoscesa alquanto ed angusta
via giunsi agli avelli della stirpe valorosa. Alcuni erano poc’anzi
sgombrati dalle ruine, ed altri vi rimanevano ancora. Vidi confuse
con le zolle e con le pietre biancheggiare le ossa illustri al
lume della face, la quale io stringea per guida a’ passi miei. Io
la volsi di poi lentamente d’ogni intorno, contemplando quanto
fossero offese dalla marra quelle spoglie meritevoli d’alabastro,
ed ora divenute ludibrio della plebe e de’ curiosi. Ma i dotti
peregrini, che sogliono concorrere a contemplare con delizie erudite
questa cittá, mostravano in qual pregio tenessero tali spoglie.
Molti ne raccolsero, e le recarono di poi alle remote patrie loro,
dove le custodirono ammiratori di stirpe cosí chiara. Illustri donne
straniere ivi scesero mosse da quella fama: né solo stancarono
i molli piedi inoltrandosi con malagevoli passi in quelle caverne,
ma con le candide mani raccolsero que’ tristi segni della umana
caducitá. Io pertanto considerava dolente come avessi fra’ piè
gli ossami di coloro i quali ancora empievano il mondo con la
fama, e come forse il braccio di alcuno d’essi, ministro di vittorie,
o il capo altero fosse ivi franto, vilipeso, calpestato.
Sono quelle tombe venerevoli per la modestia loro, formate quando i Romani non bramavano splendere con la magnificenza, ma con la virtú. Composte di vii pietra, sculte rozzamente, vi stanno i nomi e le gesta neppure incise, ma pinte con delebile rubrica da tanti secoli avventurosamente non scancellata. Narrano quelle inscrizioni, con brevi e moderate sentenze, i pregi della stirpe valorosa, e sono le parole dell’antica lingua del Lazio nella sua semplicitá. — Ecco sorge ancora, — io dicea fra me stesso, — il monumento di Caio Cestio, sulle imprese del quale è cosí muta la fama, che invano le ricerchi ne’ volumi. La tomba orgogliosa