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28 un capriccio del dottor ox.


Franz Niklausse amava dunque Suzel van Tricasse, ma placidamente come si ama quando si hanno innanzi a sè dieci anni per acquistare l’oggetto amato. Tutte le settimane una sola volta ad ora convenuta, Franz veniva a cercare Suzel e la conduceva sulle sponde del Vaar, aveva cura di portar seco la lenza per pescare e Suzel non dimenticava mai il canevaccio a punto in croce, sul quale le sue leggiadre dita maritavano i fiori più inverosimili.

Qui giova dire che Franz era un giovinotto sui ventidue, colle guancie ombreggiate appena da una lieve peluria, e che la sua voce era solo discesa d’un’ottava.

Suzel era bionda e rosata, aveva diciassette anni e le piaceva pescare alla lenza, bizzarra occupazione che vi obbliga a gareggiare d’astuzia con un barbio. Ma Franz amava la pesca, passatempo che conveniva benissimo alla sua indole. Paziente quanto è possibile esserlo, egli amava seguire con occhio leggermente distratto il turacciolo di sughero che tremolava sull’acqua. Sapeva aspettare e quando, dopo sei ore d’aspettazione, un barbio modesto, mosso a pietà di lui, acconsentiva finalmente a lasciarsi prendere, egli era felice, ma sapeva trattenere la sua commozione. In quel giorno i due futuri sposi, si potrebbe dire i due fidanzati, eran seduti sull’argine verdeggiante. Il limpido Vaar mormorava a pochi piedi sotto di essi. Suzel cacciava indolentemente l’ago attraverso il canevaccio. Franz menava automaticamente la lenza da mancina a dritta, poi lasciava che ridiscendesse la corrente da dritta a mancina.

I barbi facevano nell’acqua capricciose giravolte che s’incrociavano intorno al turacciolo, mentre l’amo passeggiava solitario negli strati più bassi.

Ogni tanto Franz diceva, senza però levar gli occhi sulla giovinetta:

«Suzel, credo che morda.

— Davvero, Franz, rispondeva Suzel abbandonando un istante il canevaccio per seguire con occhio distratto la lenza del fidanzato.