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Tutti avevano lavorato alla costruzione del mulino, che il 1° dicembre era terminato.

Come sempre, Pencroff era felice dell’opera sua e non dubitava che l’apparecchio fosse perfetto.

— Ed ora, un buon vento, diss’egli, e ci porremo a macinare il nostro primo raccolto.

— Un buon vento, sia pure, rispose l’ingegnere, ma non troppo vento.

— Che importa? il mulino girerà più presto.

— Non è necessario che giri tanto presto, rispose Cyrus Smith. Si sa per esperienza che la più gran quantità di lavoro è fatta da un mulino, quando il numero dei giri percorsi dalle ali in un minuto eguaglia sei volte il numero dei piedi percorsi dal vento in un secondo. Una brezza media, che dà ventiquattro piedi al secondo, imprimerà sedici giri alle ali in un minuto, e non ce ne vogliono di più.

— Appunto, soffia una bella brezza di nord-est! esclamò Harbert.

Non vi era alcuna ragione di ritardare l’inaugurazione del mulino, perchè i coloni avevano fretta d’assaggiare il primo boccone di pane dell’isola Lincoln. Quel giorno adunque, nel mattino, furono macinate due o tre moggia di grano, ed al domani a colazione una magnifica pagnotta, un po’ compatta forse, sebbene fermentata con lievito di birra, compariva sulla mensa del Palazzo di Granito. Ciascuno ne mangiò con avidità, come è facile immaginare.

Frattanto l’incognito non era riapparso. Molte volte Gedeone Spilett ed Harbert avevano percorso la foresta e i dintorni del Palazzo di Granito senza incontrarlo, senza trovarne alcuna traccia. S’impensierivano sul serio di tale scomparsa prolungata; certamente l’antico selvaggio dell’isola Tabor non poteva essere imbarazzato a vivere in quelle foreste ricche di selvaggina, ma non era forse da temere che ripi-