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— Infine vedremo, rispose Pencroff; sono curioso di conoscere il giudizio che darà il signor Smith del nostro selvaggio. Andavamo in cerca d’una creatura umana, e portiamo a casa un mostro! Ma infine si fa quello che si può.

Passò la notte, e se il prigioniero dormisse o no, non si sa; in ogni caso, sebbene fosse slegato, non si mosse. Era come quelle belve che i primi momenti di prigionia accasciano e che più tardi sono riprese dalla rabbia.

Il domani, 15 ottobre, all’alba, avvenne il mutamento di tempo preveduto da Pencroff. Il vento aveva piegato al nord-ovest e favoriva il ritorno del Bonaventura, ma soffiava forte, e perciò doveva rendere la navigazione difficile.

Alle cinque del mattino fu levata l’ancora. Pencroff prese un terzaruolo della sua gran vela e volse la prua all’est-nord-est in modo da navigare direttamente verso l’isola Lincoln. Il primo giorno della traversata non fu segnalato da alcun accidente, il prigioniero se ne era rimasto tranquillo nel camerino di prua, e siccome egli era stato marinajo, pareva che le agitazioni del mare producessero in lui una specie di reazione salutare. Gli tornava in mente qualche ricordo del suo antico mestiere? Ad ogni modo, se ne stava cheto, sbalordito meglio che stremato.

Il domani, 16 ottobre, il vento soffiò forte risalendo ancor più al nord, e per conseguenza in direzione meno favorevole alle mosse del Bonaventura, che balzava sulle onde. Pencroff fu presto ridotto a tenere il più presso, e senza dir nulla cominciò a sentirsi inquieto dello stato del mare che si rompeva con impeto contro la prua del battello. Certo se il vento non cambiava, egli doveva impiegare maggior tempo, per giungere all’isola Lincoln, di quello che ne avesse impiegato a venire all’isola Tabor. Infatti la mattina del 17, dopo quarantott’ore che il Bonaventura era