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— Ebbene, s’esso è ancora nell’isola, rispose Pencroff, è impossibile che non lo troviamo.
Continuò adunque l’esplorazione. Il marinajo ed i suoi compagni seguirono la strada che tagliava diagonalmente l’isolotto, e giunsero così a costeggiar il rigagnolo che si dirigeva verso al mare.
Se gli animali d’origine europea, se alcuni lavori dovuti a mano d’uomo dimostravano incontrastabilmente che già creature umane erano venute in quest’isola, non lo provarono meno alcuni campioni del regno vegetale. In certi luoghi, in mezzo a radure, era visibile che già erano state coltivate piante mangereccie in un tempo probabilmente molto lontano, e pensate la gioja di Harbert quand’egli riconobbe patate, cicoria, acetosa, carote, cavoli, navoni, di cui bastava raccogliere i semi per arricchire il suolo dell’isola Lincoln.
— Bene, bene! disse Pencroff, codesto farà piacere a Nab e a noi. Ed almeno, se non ritroveremo il naufrago, il viaggio non sarà stato inutile e Dio ci avrà ricompensati.
— Senza dubbio, rispose Gedeone Spilett, ma vedendo in che stato si trovano queste piantagioni si può temere che l’isolotto non sia abitato da un pezzo.
— Infatti, aggiunse Harbert, un abitante, qualunque si fosse, non avrebbe negletto una coltura di tanta importanza.
— Sì, disse Pencroff, il naufrago è partito!... così bisogna immaginare....
— Convien dunque ammettere che il documento abbia già una data antica.
— Evidentemente.
— E che la bottiglia non sia arrivata all’isola Lincoln se non dopo aver lungamente viaggiato in mare!
— E perchè no? rispose Pencroff; ma viene la notte, aggiunse, e credo sia meglio interrompere le ricerche.