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mativa; avevano compreso qual pericolo li minacciasse.

Giova dire, d’altra parte, che Cyrus Smith non esagerava punto. Molti hanno già avuto l’idea che si potrebbero spegnere i vulcani, i quali si elevano quasi tutti in vicinanza dei mari o dei laghi, aprendo l’ingresso alle acque; ma non sapevano che per tal guisa si esponevano a far saltare in aria parte del globo, come una caldaja a vapore, perchè l’acqua, precipitandosi in un mezzo chiuso, la cui temperatura può essere valutata a migliaja di gradi, si evaporerebbe con tanta energia, che la crosta terrestre non potrebbe resistere.

Non vi era dunque dubbio che l’isola, minacciata da una formidabile dislocazione, durerebbe solo tanto quanto la parete della cripta Dakkar. E non era già questione di mesi, nè di settimane, ma di giorni, forse di ore.

Il primo sentimento dei coloni fu un profondo dolore. Essi non pensavano al pericolo che li minacciava, ma alla distruzione di quel suolo che li aveva accolti, di quell’isola che avevano fecondato, di quell’isola che amavano e che volevano rendere florida un giorno! Quante fatiche spese inutilmente, quanti lavori perduti!....

Pencroff non potè trattenere una grossa lagrima, che non cercò di nascondere.

La conversazione proseguì alcun tempo ancora. Vennero discusse le speranze su cui i coloni potevano tuttavia contare, ma a mo’ di conclusione si riconobbe che non vi era un’ora da perdere e che si doveva spingere con prodigiosa alacrità la costruzione della nave, quello essendo il solo scampo degli abitanti dell’isola Lincoln.

Tutte le braccia si posero all’opera. A che avrebbe servito oramai mietere, andare a caccia, aumentare le provviste del Palazzo di Granito? Quello che con-