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degli abitanti dell’isola Lincoln; ogni cosa li spingeva a scoprire la parola di quell’enigma, parola che non poteva essere che il nome d’un uomo dotato d’una potenza inesplicabile e per così dire sovrumana.

Dopo alcuni istanti, i coloni rientrarono nel ricinto, dove le loro cure ridonarono ad Ayrton l’energia morale e fisica.

Nab e Pencroff portarono i cadaveri dei deportati nella foresta, a qualche distanza dal ricinto, e li seppellirono profondamente.

Poi Ayrton fu informato degli avvenimenti compiutisi durante la sua prigionia. Egli apprese allora le avventure di Harbert e seppe per qual serie di prove i coloni fossero passati. Quanto a costoro più non speravano di rivedere Ayrton, e temevano che i deportati l’avessero spietatamente trucidato.

— Ed ora, disse Cyrus Smith terminando il suo racconto, ci rimane un dovere da compiere. La nostra impresa è fatta per metà, ma se i deportati non sono più da temere, non è già a noi stessi che dobbiamo d’essere ridivenuti padroni dell’isola.

— Ebbene, rispose Gedeone Spilett, esploriamo tutto questo labirinto di contrafforti del monte Franklin! Non lasciamo un vano inesplorato! Ah! se mai reporter si è trovato dinanzi ad un mistero commovente, sono io quello, amici miei!

— E non torniamo al Palazzo di Granito, soggiunse Harbert, se non quando abbiamo ritrovato il nostro benefattore.

— Sì, disse l’ingegnere, faremo tutto quanto è umanamente possibile fare; ma, lo ripeto, non lo troveremo, se non ce lo vorrà permettere.

— Rimaniamo al ricinto? disse Pencroff.

— Rimaniamo, rispose Cyrus Smith; le provviste sono abbondanti, e qui siamo nel centro delle nostre investigazioni. D’altra parte, se sarà necessario, il carro andrà prontamente al Palazzo di Granito.