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— Ayrton! esclamò afferrando il braccio di colui che aveva ritrovato in condizioni così inaspettate.

A questa chiamata, Ayrton aprì gli occhi, e guardando in faccia Cyrus Smith e gli altri, esclamò:

— Voi! voi!

— Ayrton! Ayrton! disse Cyrus Smith.

— Dove sono io?

— Nell’abitazione del ricinto.

— Solo?

— Sì.

— Ma essi verranno! esclamò Ayrton; difendetevi! difendetevi!

E ricadde sfinito.

— Spilett, disse allora l’ingegnere, possiamo essere assaliti da un momento all’altro; fate entrare il carro nel ricinto, poi sbarrate l’uscio e tornate tutti qui.

Pencroff, Nab ed il reporter s’affrettarono ad eseguire gli ordini dell’ingegnere. Non vi era un istante da perdere. Fors’anco il carro era già nelle mani dei deportati.

In un istante il reporter e i due compagni ebbero attraversato il ricinto e l’uscio della palizzata, dietro la quale si udiva Top ringhiar sordamente.

L’ingegnere, lasciando Ayrton un istante, uscì dalla casa, pronto a far le schioppettate; Harbert gli stava al fianco. Entrambi sorvegliavano la cresta del contrafforte che sormontava il ricinto; poichè se i deportati fossero imboscati in quel luogo, potevano colpire i coloni l’un dopo l’altro.

In quella la luna apparve nell’est, dietro la nera cortina della foresta, ed una bianca zona di luce si sparse nell’interno della cinta. Il ricinto fu tutto illuminato coi suoi gruppi d’alberi, col rigagnolo che lo inaffiava, col largo tappeto d’erbe. Dal lato della montagna, la casa e una parte della palizzata si staccavano in bianco; dalla parte opposta, verso l’uscio, il ricinto era bujo.