Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/226


— Sì... sì... signor Cyrus, disse Pencroff, ho torto, è infatti un cattivo pensiero che ho avuto e nulla lo giustifica...; ma che volete, non ho tutto il mio cervello; quest’imprigionamento nel ricinto mi pesa, mi opprime! Non sono mai stato così impaziente come ora!

— E bisogna essere pazienti, Pencroff, rispose l’ingegnere. Fra quanto tempo, caro Spilett, credete che Harbert possa essere trasportato al Palazzo di Granito?

— È difficile determinarlo, rispose il reporter, perchè un’imprudenza potrebbe produrre funeste conseguenze. Ma peraltro la sua convalescenza procede regolarmente, e se fra otto giorni gli sono tornate le forze, allora vedremo.

— Otto giorni!

Ciò faceva differir il ritorno al Palazzo di Granito ai primi di dicembre; a quel tempo la primavera aveva già due mesi di data, la stagione era bella, il caldo incominciava a divenire intenso. Le foreste dell’isola eran tutte fronzute, e si avvicinava il momento in cui si dovevano fare le solite messi. Il ritorno all’altipiano di Lunga Vista doveva dunque esser seguito dai gran lavori agricoli; la dilazione interromperebbe la spedizione disegnata nell’isola.

Si comprenderà adunque quanto quella chiusura nel ricinto dovesse nuocere ai coloni. Ma se essi erano obbligati a curvarsi dinanzi alla necessità, non lo facevano senza impazienza.

Una o due volte il reporter si arrischiò sulla via, e fece il giro della palizzata accompagnato da Top, e colla carabina armata, pronto ad ogni avvenimento.

Non fece alcun brutto incontro e non trovò alcuna pedata sospetta. Il cane, del resto, l’avrebbe avvertito di qualsiasi pericolo, e siccome Top non abbajò, si poteva arguire non vi fosse nulla da temere, almeno in quel momento, e che i deportati fossero occupati in un’altra parte dell’isola. Pure, in una se-