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loro fucile, e verso le tre lasciarono insieme il Palazzo di Granito.

Nab li accompagnò fino al gomito della Grazia, come furono passati risollevò il ponte. Era convenuto che una schioppettata annunziasse il ritorno dei coloni e che Nab a quel segnale tornasse a calare il ponte.

Il piccolo drappello s’avanzò direttamente per la via del porto verso la costa meridionale dell’isola. Non eran che tre miglia e mezzo da percorrere, ma Gedeone Spilett ed i suoi compagni impiegarono ben due ore in quel tragitto, frugando per la via tanto nella parte della fitta foresta, quanto in quella del marese delle Tadorne. Non trovarono alcuna traccia dei fuggitivi, i quali senza dubbio, tuttavia incerti circa il numero dei coloni ed i mezzi di difesa di cui disponevano, avevan dovuto riparare nelle parti meno accessibili dell’isola.

Pencroff, giunto al porto Pallone, vide con gran soddisfazione il Bonaventura tranquillamente ancorato nello stretto seno. Del resto, quel porto era così ben nascosto nelle anguste roccie, che non si poteva scoprirlo nè da mare, nè da terra, a meno di esserci sopra o dentro.

— I mariuoli non sono ancora venuti qui. Le grandi erbe convengono meglio a rettili, ed è, senza dubbio, nel Far-West che li ritroveremo.

— Gran ventura, perchè se avessero trovato il battello, aggiunse Harbert, se ne sarebbero impadroniti per fuggire; il che ci avrebbe impedito di tornare all’isola Tabor, come vogliam fare.

— Infatti, rispose il reporter, bisognerà deporre un documento che faccia conoscere la posizione dell’isola Lincoln e la nuova residenza di Ayrton, per il caso che lo yacht scozzese vada a ripigliarlo colà.

— Ebbene, il Bonaventura è sempre là, signor Spilett, rispose Pencroff, ed il suo equipaggio è pronto a partire al primo segnale.