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— Sì, rispose allora l’ingegnere, a cui era venuta un’idea.

— Uno? disse Pencroff; ebbene è il buono, poichè non ve n’è altri; e qual è?

— Cerchiamo di ridiscendere al Palazzo di Granito per l’antico sbocco del lago, rispose l’ingegnere.

— Per mille e mille diavoli! esclamò il marinajo: ed io non ci pensava!

Era infatti il solo mezzo di penetrare nel Palazzo di Granito per combattere la frotta di scimmie e cacciarla.

L’orifizio dello sbocco era, è vero, chiuso da un muro di pietre cementate che bisognava sagrificare, ma tutto il danno si riduceva a doverlo ricostrurre. Per buona sorte, Cyrus Smith non aveva ancora messo in atto il suo disegno di nascondere quell’orifizio annegandolo sotto le acque del lago, poichè altrimenti l’operazione avrebbe richiesto un certo tempo.

Era già più del mezzodì quando i coloni, ben armati, muniti di picconi e di zappe, lasciarono i Ca mini, passarono sotto le finestre del Palazzo di Granito dopo d’aver ordinato a Top di rimanere al suo posto, e si accinsero a risalire la riva sinistra della Grazia per andare all’altipiano di Lunga Vista. Ma non avevano fatti cinquanti passi in quella direzione, quando intesero latrati furiosi del cane. Pareva un disperato appello.

S’arrestarono.

— Corriamo! disse Pencroff.

E ridiscesero l’argine a gambe levate. Giunti allo svolto, videro che la situazione era mutata. Infatti le scimmie, colte da improvviso terrore, provocato da una ignota causa, cercavano di fuggirsene. Due o tre correvano e saltavano da una finestra all’altra coll’agilità di saltimbanchi.

Non cercavano neanche di calare la scala, per la quale sarebbe loro stato facile discendere, e nello