Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/12

4 il giro del mondo

A questo giuoco del silenzio, tanto adatto al suo temperamento, egli vinceva spesso, ma i suoi guadagni non entravano mai nella sua borsa e figuravano per una somma importante al suo bilancio di carità. E poi, è bene notarlo, il signor Fogg giocava evidentemente per giocare, non per vincere; il giuoco era per lui un combattimento, una lotta contro una difficoltà, ma una lotta senza moto, senza spostamento, senza fatica, e ciò si confaceva al suo carattere.

Nessuno gli conosceva nè moglie, nè figli — ciò che può accadere alle più brave persone, — nè parenti nė amici, — cosa più rara in verità. Phileas Fogg viveva solo nella sua casa di Saville-row, dove nessuno penetrava. Del suo interno, non s’era parlato mai. Un solo servo bastava a servirlo. Faceva colazione e desinava al club, ad ore cronometricamente determinate, nella medesima sala, alla stessa tavola, senza la compagnia di colleghi, senza invitar mai un estraneo. Rincasava soltanto per coricarsi, a mezzanotte precisa, senza far mai uso di quelle stanze ben addobbate che il Reform-Club tiene a disposizione dei membri del circolo. Su ventiquattr’ore, ne passava dieci al suo domicilio, sia che dormisse, sia che s’occupasse della sua teletta.

Se passeggiava, lo faceva invariabilmente, con passo uguale, nella sala d’accesso dal pavimento intarsiato, o sulla galleria circolare del club, al disopra della quale sorge una cupola coi vetri azzurri, sorretta da venti colonne ioniche in porfido rosso. A colazione e a pranzo, erano le cucine, la dispensa, la pescheria, la latteria del club che fornivano alla sua tavola le loro succolenti riserve; erano i camerieri del club, gravi personaggi in abito nero, calzati con scarpe