Pagina:Verginia.djvu/44


A T T O

     Che merta gratia & non desperatione,
Che s’io errai, ha purgato ogni errore
     La stanca faccia di lagrime piena,
     Et ogni pena è vinta dal dolore.
Ne sol tu hormai, ogni fera terrena
     Sarebbe satia, & però el mio peccato
     Si atroce non è che merti pena?
La vita tua, el tuo sangue, el tuo stato
     Non ho cercato torti, el mio fallire
     E ’ stato solo in troppo haverti amato.
Et se quella che t’ama fai perire,
     Che farai dunque a tuo nimici rei?
     O che gloria ti dan tue non giuste ire?
Che se constretti furon gliocchi miei
     Dal volto tuo, non da tuo stato, o fama,
     Non me, ma tua bellezza incolpar dei.
Ciascun tenuto è cercar quel che brama.
     Et se ben non guardai a tua altezza,
     Cieco è amore, & cieca è quella ch’ama.
Poi, in gran nobiltà sperai dolcezza.
     Piu alta vela al vento, e piu piegata
     Et nave in alto mar, manco si spezza.
Ne la luce del sole è dinegata
     A verme humil ne la luna si sdegna
     Esser da stelle minor circondata.
Se ben per sangue di te sono indegna,
     Per fede, & per amor estremo, parmi
     Esser signor di possederti degna:
Sol per questo dovresti perdonarmi.