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S E C O N D O. 20

Pur poi che in fonte & in fornace d’Enna
     Converso è ’l cor c’hor arde, hor plora, hor langue
     Tanto che morte già rapirlo accenna.
Sforzata dal disio, con destra essangue
     Temendo, ardendo, scrivo el mio tormento
     Non con inchiostro, ma lagrime & sangue:
Con man giunte pregando che contento
     Sia tu di legger questa infino al fine,
     Poi come vuoi la dona a fiamma, o vento.
Che miei son prieghi, & non pungenti spine,
     Scritti da quella che piu che se t’ama,
     Pregando vinte son l’ire divine:
Et se pure el tuo cor stratiarmi brama,
     Et ne miei danni ti costringe & tira,
     Ira, odio, & sdegno che vendetta chiama.
Fin che la leggi almen sospendi l’ira,
     Per ch’ogni prego & parole s’osserva
     Di quei che son dannati a morte dira.
Non ne scacciar come fera proterva
     Chi tanto t’ama, & con pietà m’accetta
     Se per sposa non vuoi, almen per serva.
Che dove offender puoi è gran vendetta,
     El perdonare, ch’a ogni humano eccesso
     Non lascia sempre Giove ir sua saetta:
A piedi tuoi mi stendo, & io confesso
     Essere in colpa, riguarda al Leone
     Che non è crudo a l’huom ch’è genuflesso:
Habbi di me qualche compassione,
     Pietà mi impetri l’infinito amore


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