Pagina:Verginia.djvu/38


A T T O

Non volger piu al servo el ferro ignudo,
     Che nel mio cor mille stral fitti sono,
     Ne trovo a gliocchi tuoi riparo o scudo,
Et se offeso t’ho, chiamo perdono,
     O mia terrestre dea assai più volte
     Che scritte in questa lettera non sono
Soccorri alle mie fiamme insane & stolte,
     Dammi loco a parlarti, & fa beata
     Quest’alma pria sien sue membra sepolte.
Et s’io nol merto se cosa t’è grata,
     Per lei ti prego a far risposta breve
     Affadighi a destra delicata:
Se non, qual cera al foco, o al sol neve
     Manchera el spirto mio che plora & langue
     Che per amarti gia morir non deve:
Scritta ho piangendo la lettera essangue
     Qual se tu sprezzi per mia mala sorte
     Mischiarò presto alle lagrime il sangue
Così causa sarai della mia morte:


Ruffo.


O
Padron matto, non scriver, ma sciogli.

Se vuoi ch’el pensier tuo non torni vano
     Frappa se sai, se scrivessi piu fogli
     Che venuti non son da Fabriano,
     Senza oro non farai cosa che vogli:
     Che voglio denar, non carta in mano,
     Ma per non investire in qualche scoglio
     Risuggelarla, & presentar la voglio.