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sera, petulante e sospettosa nel tempo istesso, schiamazzava sulla gronda, e minacciava a suo modo Janu, che aveva tutta l’aria, col suo viso sospetto, di insidiare al suo nido, del quale spuntavano tra le tegole alcuni fili di paglia indiscreti. La campana della chiesuola chiamava a messa.
— Come fa piacere a sentire la nostra campana! — esclamò Janu.
— Io ho riconosciuto la tua voce stanotte, — disse Nedda facendosi rossa, e zappando con un coccio la terra della pentola che conteneva i suoi fiori.
Egli si volse in là, ed accese la pipa, come deve fare un uomo.
— Addio, vado a messa! — disse bruscamente la Nedda, tirandosi indietro dopo un lungo silenzio.
— Prendi, ti ho portato codesto dalla città; — le disse il giovane sciorinando il suo bel fazzoletto di seta.
— Oh! com’è bello! ma questo non fa per me!
— O perchè? se non ti costa nulla! — rispose il giovanotto con logica contadinesca.