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santo, e due o tre comari che borbottavano non so che preci. La campanella del sagrestano squillava acutamente in mezzo ai campi, e i carrettieri che l’udivano fermavano i loro muli in mezzo alla strada, e si cavavano il berretto. Quando Nedda l’udì per la sassosa viottola tirò su la coperta tutta lacera dell’inferma, perchè non si vedesse che mancavano le lenzuola, e piegò il suo più bel grembiule bianco sul deschetto zoppo, reso fermo con dei mattoni. Poi, mentre il prete compiva il suo ufficio, andò ad inginocchiarsi fuori dell’uscio, balbettando macchinalmente delle preci, guardando come trasognata quel sasso dinanzi alla soglia su cui la sua vecchierella soleva scaldarsi al sole di marzo, e ascoltando con orecchio distratto i consueti rumori delle vicinanze, ed il via vai di tutta quella gente che andava per i proprii affari senza avere angustie pel capo. Il curato partì, ed il sagrestano indugiò invano sull’uscio perchè gli facessero la solita limosina pei poveri.

Lo zio Giovanni vide a tarda ora della sera la Nedda che correva sulla strada di Punta.