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mezza giornata carponi in mezzo al fango, con questo tempaccio, per tre o quattro soldi.

— A te non ti fanno nulla tre o quattro soldi, non ti fanno! — esclamò Nedda tristemente.

La sera del sabato, quando fu l’ora di aggiustare il conto della settimana, dinanzi alla tavola del fattore, tutta carica di cartacce e di bei gruzzoletti di soldi, gli uomini più turbolenti furono pagati i primi, poscia le più rissose delle donne, in ultimo, e peggio, le timide e le deboli. Quando il fattore le ebbe fatto il suo conto, Nedda venne a sapere che, detratte le due giornate e mezza di riposo forzato, restava ad avere quaranta soldi.

La povera ragazza non osò aprir bocca. Solo le si riempirono gli occhi di lagrime.

— E laméntati per giunta, piagnucolona! — gridò il fattore, il quale gridava sempre, da fattore coscienzioso che difende i soldi del padrone. — Dopo che ti pago come le altre, e sì che sei più povera e più piccola delle altre! e ti pago la tua giornata come nessun proprietario ne paga una