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ha freddo si addossa al vicino, o molte i piedi nella cenere calda, o si copre di paglia, s’ingegna come può; dopo un giorno di fatica, e per ricominciare un altro giorno di fatica, il sonno è profondo, al pari di un despota benefico, e la moralità del padrone non è permalosa che per negare il lavoro alla ragazza la quale, essendo prossima a divenir madre, non potesse compiere le sue dieci ore di fatica.

Prima di giorno le più mattiniere erano uscite per vedere che tempo facesse, e l’uscio che sbatteva ad ogni momento sugli stipiti, spingeva turbini di pioggia e di vento freddissimo su quelli che intirizziti dormivano ancora. Ai primi albori il castaldo era venuto a spalancare l’uscio, per svegliare i pigri, giacchè non è giusto defraudare il padrone di un minuto della giornata lunga dieci ore, che egli paga il suo bravo tari, e qualche volta anche tre carlini (sessantacinque centesimi!) oltre la minestra.

Piove! era la parola uggiosa che correva su tutte le bocche, con accento di malumore. La Nedda,