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— Chi è lo zio Giovanni?

— È lo zio Giovanni di Ravanusa; lo chiamano tutti così.

— Bisognava farsi imprestare qualche cosa dallo zio Giovanni, e non lasciare tua madre, — disse un’altra.

— Lo zio Giovanni non è ricco, e gli dobbiamo diggià dieci lire! E il medico? e le medicine? e il pane di ogni giorno? Ah! si fa presto a dire! — aggiunse Nedda scrollando la testa, e lasciando trapelare per la prima volta un’intonazione più dolente nella voce rude e quasi selvaggia: — ma a veder tramontare il sole dall’uscio, pensando che non c’è pane nell’armadio, nè olio nella lucerna, nè lavoro per l’indomani, la è una cosa assai amara, quando si ha una povera vecchia inferma, là su quel lettuccio!

E scuoteva sempre il capo dopo aver taciuto, senza guardar nessuno, con occhi aridi, asciutti, che tradivano tale inconscio dolore, quale gli occhi più abituati alle lagrime non saprebbero esprimere.