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glia e sonno, trovandosela dinanzi ritta, pallida, col petto prepotente, e gli occhi neri come il carbone, e stese brancolando le mani.

— No! non ne va in volta femmina buona nell’ora fra vespero e nona! — singhiozzava Nanni, ricacciando la faccia contro l’erba secca del fossato, in fondo in fondo, colle unghie nei capelli. — Andatevene! andatevene! Non ci venite più nell’aia!

Ella se ne andava infatti, la Lupa, riannodando le trecce superbe, guardando fisso dinanzi ai suoi passi nelle stoppie calde, cogli occhi neri come il carbone.

Ma nell’aia ci tornò delle altre volte, e Nanni non le disse nulla. Quando tardava a venire anzi, nell’ora fra vespero e nona, egli andava ad aspettarla in cima alla viottola bianca e deserta, col sudore sulla fronte — e dopo si cacciava le mani nei capelli, e le ripeteva ogni volta: Andatevene! andatevene! Non ci tornate più nell’aia! — Maricchia piangeva notte e giorno, e alla madre le piantava in faccia gli occhi ardenti di lagrime e di gelosia,