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dore diceva invece che appena San Pasquale esciva in processione pioveva di certo. Ma che gliene importava della pioggia a lui, se faceva il carradore, e a tutti gli altri conciapelli del suo partito?... Infatti portarono San Pasquale in processione a levante e a ponente, e l’affacciarono sul poggio, a benedir la campagna, in una giornata afosa di maggio, tutta nuvoli — una di quelle giornate in cui i contadini si strappano i capelli dinanzi ai campi “bruciati„, e le spighe chinano il capo proprio come se morissero.

— San Pasquale maledetto! — gridava Nino sputando in aria, e correndo come un pazzo pel seminato. — M’avete rovinato, San Pasquale ladro! Non mi avete lasciato altro che la falce per tagliarmi il collo!

Nel quartiere alto era una desolazione: una di quelle annate lunghe, in cui la fame comincia a giugno, e le donne stanno sugli usci, spettinate e senza far nulla, coll’occhio fisso. La gnà Saridda, all’udire che si vendeva in piazza la mula di compare