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La civetta strideva sulla sciara, e ramingava di qua e di là; ei pensava:

— Anche la civetta sente i morti che son qua sotterra, e si dispera perchè non può andare a trovarli.

Ranocchio aveva paura delle civette e dei pipistrelli; ma il Rosso lo sgridava, perchè chi è costretto a star solo non deve aver paura di nulla, e nemmeno l’asino grigio aveva paura dei cani che se lo spolpavano, ora che le sue carni non sentivano più il dolore di esser mangiate.

— Tu eri avvezzo a lavorar sui tetti come i gatti, — gli diceva, — e allora era tutt’altra cosa. Ma adesso che ti tocca a viver sotterra, come i topi, non bisogna più aver paura dei topi, nè dei pipistrelli, che son topi vecchi con le ali; quelli ci stanno volentieri in compagnia dei morti.

Ranocchio invece provava una tale compiacenza a spiegargli quel che ci stessero a far le stelle lassù in alto; e gli raccontava che lassù c’era il paradiso, dove vanno a stare i morti che sono stati buoni, e