Tebidi! — Gli è come quando uno torna da lontano, che al vedere soltanto il cocuzzolo di un monte, gli basta a riconoscere subito il paese dove è cresciuto. La gnà Lia non voleva che le dessi più del tu, alla Mara, ora che sua figlia si è fatta grande, perchè la gente che non sa nulla, chiacchiera facilmente. Mara invece rideva, e sembrava che avesse infornato il pane allora allora, tanto era rossa; apparecchiava la tavola, e spiegava la tovaglia che non pareva più quella. — O che li rammenti più di Tebidi? le chiesi appena la gnà Lia fu sortita per spillare del vino fresco della botte. — Sì, sì, me ne rammento, — mi disse ella — a Tebidi c’era la campana, col campanile che pareva un manico di saliera, e si suonava dal ballatoio, e c’erano pure due galli di sasso, che facevano le fusa sul cancello del giardino. — Io me le sentivo qui dentro tutte quelle cose, come ella andava dicendole. Mara mi guardava da capo a piedi con tanto d’occhi, e tornava a dire: — Come ti sei fallo grande! e si mise pure a ridere, e mi diede uno scapaccione qui, sulla testa.