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vuota sembrava più scura e affumicata del solito. La tavola, e il letto, e il cassettone, e le immagini della Vergine e di San Giovanni, e fino i chiodi per appendervi le zucche delle sementi, ci avevano lasciato il segno sulle pareti dove erano state per tanti anni. — Andiamo via, — gli disse Mara come lo vide osservare. — Ce ne andiamo laggiù a Marineo, dove c’è quel gran casamento, nella pianura.
Jeli si diede ad aiutare massaro Agrippino e la gnà Lia nel caricare la carretta, e allorchè non ci fu altro da portare via dalla stanza, andò a sedere con Mara sul parapetto dell’abbeveratojo. — Anche le case, — le disse, quand’ebbe visto accatastare l’ultima cesta sulla carretta, — anche le case, come se ne toglie via la loro roba, non sembrano più quelle.
— A Marineo, — rispose Mara, — ci avremo una camera più bella, ha detto la mamma, e grande come il magazzino dei formaggi.
— Ora che tu sarai via, non voglio venirci più qui; chè mi parrà di esser tornato l’inverno, a veder quell’uscio chiuso.